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Nota 30
Fattori di crescita dei leucociti:
-0 filgrastim
-1 lenograstim
-2 molgramostim
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La prescrizione a
carico del SSN, su diagnosi e piano
terapeutico di centri specializzati,
Universitari o delle Aziende Sanitarie,
individuati dalle Regioni e dalle Province
autonome di Trento e Bolzano è limitata
alle seguenti condizioni:
-2 neutropenia
congenita o da chemioterapia;
-3 trapianto di midollo
osseo;
-4 mobilizzazione di
cellule staminali periferiche;
-5 neutropenia (neutrofili
< 750/ mL)
nei pazienti trapiantati di fegato o con
diagnosi clinica di cirrosi, che ricevono
interferone standard o peghilato in
monoterapia o in combinazione con
ribavirina e che presentano risposta
virologica precoce alla terapia;
-6 neutropenia HIV
correlata o correlata ai farmaci
antiretrovirali in pazienti pluritrattati
che necessitino di farmaci ad azione
neutropenizzante.
La prescrizione dei fattori di crescita
dei leucociti non è rimborsata dal SSN
per altre indicazioni autorizzate. |
Motivazioni e criteri
applicativi
L'utilizzo dei fattori di
crescita emopoietici attivi sui precursori della
serie granulocitaria (G-CSF) ha migliorato il
corso delle neutropenie congenite severe,
riducendo la frequenza delle infezioni gravi e
aumentando la sopravvivenza dei pazienti (1,2).
Le linee guida per l'impiego
dei fattori di crescita emopoietici (CSF) per i
pazienti sottoposti a terapie antiblastiche ed a
trapianto di midollo sono state definite nel
1994 e successivamente revisionate dalla American
Society of Clinical Oncology (3-5).
- Profilassi della neutropenia febbrile.
- Somministrazione primaria: i dati recenti
supportano sempre meno un possibile
vantaggio terapeutico di regimi molto
mielodepressivi nei tumori solidi (7). La
profilassi può essere considerata
un'opzione solo nei pazienti con
rischio di neutropenia febbrile >
40%. Tuttavia, anche in questo
sottogruppo di pazienti i dati disponibili
dimostrano una riduzione dei tempi di
ricovero conseguenti ai trattamenti
antibiotici, ma non un vantaggio di
sopravvivenza (4, 7). Ugualmente non viene
nessuna evidenza che supporti l'utilizzo
generalizzato dei fattori di crescita in
pazienti neutropenici al momento di
riprendere la terapia.
- Somministrazione secondaria ad un episodio
di neutropenia febbrile: esiste
l'indicazione a utilizzare i fattori di
crescita nei trattamenti che hanno come
obbiettivo la guarigione della malattia e
per i quali esiste una evidenza di minor
efficacia a seguito di una riduzione
dell'intensità di dose. I trattamenti con
finalità palliative dovrebbero prevedere
come prima azione una riduzione delle dosi
dei chemioterapici (4).
- Neutropenia in assenza di febbre: sebbene
riducano la durata della neutropenia, non vi
è evidenza da studi randomizzati che vi sia
un miglioramento significativo della
gravità delle infezioni o della
sopravvivenza.
- Neutropenia febbrile: vi è indicazione in
associazione alla terapia antibiotica. I CSF
possono determinare una riduzione
dell'ospedalizzazione, una migliore risposta
alla terapia antibiotica, un miglioramento
della qualità di vita.
- Trapianto di midollo osseo e di cellule
staminali periferiche.
- Riduzione della neutropenia e delle
complicanze infettive in pazienti sottoposti
a chemioterapia ad alte dosi e a trapianto
autologo o allogenico di midollo osseo (BMT,
dall'inglese Bone Marrow Transplantation)
o reinfusione di cellule staminali
periferiche (PBSCT, dall'inglese Peripheral
Blood Stem Cell Transplantation). In
caso di PBSCT il recupero è più rapido che
per il BMT.
- Mobilizzazione di cellule staminali
periferiche sia per trapianto autologo sia
da donatori sani.
- Aumento delle cellule staminali raccolte
in corso di aferesi e possibilità di
mobilizzare le cellule progenitrici dal
sangue periferico di donatori sani (6).
Le dosi consigliate per il
GCSF (filgrastim e lenograstim) e per il GM-CSF
(molgramostim) sono di 5-10 mg/kg/die.
Nel trattamento delle epatiti
virali croniche con interferone, la neutropenia
è la più frequente causa di sospensione della
terapia o di riduzione dei dosaggi di
interferone (8, 9). È pensabile che G-CSF e
GM-CSF siano in grado di ridurre la neutropenia
e consentire la prosecuzione della terapia.
Alcuni studi pilota hanno confermato questa
ipotesi (10-14), tuttavia l'uso del G-CSF e del
GM-CSF in questo contesto non è ancora
standardizzato. L'effetto dell'aderenza alla
terapia sulle percentuali di risposta sostenuta
e l'efficacia dei trattamenti anti epatite,
anche in pazienti con malattia epatica avanzata
(8, 9) in cui una risposta al trattamento è
estremamente e rapidamente produttiva in
termini di anni di vita salvati, sono stati
ampiamente dimostrati. Si ritiene
pertanto utile, in accordo con le linee guida
internazionali (15), di consentirne l'uso come
terapia aggiuntiva alla terapia con interferone,
ma solo in gruppi di pazienti selezionati con
risposta virologica. La risposta virologica
viene definita come negativizzazione
della viremia HCV con PCR qualitativa o
decremento rispetto al basale di almeno 1
logaritmo dopo meno di un mese di terapia
o di due logaritmi dopo meno di tre
mesi di terapia. La posologia e la frequenza
della somministrazione andranno adattate sulla
base della risposta del singolo paziente, in
maniera tale da mantenere livelli di neutrofili
> 750/ mL
durante il trattamento.
La neutropenia indotta dai
farmaci antiretrovirali e da farmaci impiegati
per il trattamento delle infezioni da
opportunisti può limitarne l'impiego laddove le
opzioni terapeutiche siano già ridotte. In tale
contesto è stata ampiamente dimostrata
l'utilità del G-CSF e del GM-CSF (16) in
termini di miglioramento della leucopenia.
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