FANS
In dosi singole, i FANS hanno
attività analgesica paragonabile a quella del
paracetamolo. In dosi adeguate e per
somministrazioni ripetute hanno effetto
analgesico protratto e attività
antinfiammatoria, proprietà che li rendono
particolarmente efficaci per il dolore continuo
associato a flogosi.
I FANS sono gravati da una
incidenza di effetti gastrointestinali
sfavorevoli (ulcera peptica e sue complicanze;
emorragie). Il rischio di ospedalizzazione per
una complicanza grave e potenzialmente fatale è
stimato fra l'1 e il 2% per anno (1). Questa
incidenza aumenta nei soggetti a rischio, come
specificato nella nota 1. Per questo motivo uno
dei FANS in nota associa come gastroprotettore
il misoprostolo e, pertanto, va riservato ai
pazienti a rischio. I FANS possono inoltre
ridurre l'efficacia degli antipertensivi e dei
diuretici, e, in soggetti predisposti e in
associazione con altri farmaci nefrolesivi,
determinare o aggravare insufficienza renale.
COXIB (1)
Due sono gli studi clinici
fondamentali che hanno esaminato
comparativamente efficacia e tollerabilità dei
due COXIB oggi disponibili: lo studio CLASS (2),
che ha comparato il celecoxib con ibuprofen e
diclofenac, e lo studio VIGOR (3), che ha
comparato rofecoxib con naprossene. Ambedue i
COXIB, secondo il parere dei ricercatori, hanno
dimostrato una efficacia analoga e una minore
tossicità gastrointestinale rispetto ai FANS
non selettivi prescelti. Purtroppo entrambi gli
studi presentano problemi di interpretazione che
mettono in discussione questa conclusione. Lo
studio CLASS è stato criticato per il modo con
il quale è stato condotto ed ha analizzato i
dati. Non solo, ma l'obiettivo dello studio, che
era quello di dimostrare per il celecoxib una
minore gastrolesività rispetto ai FANS
tradizionali, è di fatto fallito, essendo
l'incidenza di ulcere complicate (l'end-point
principale dello studio) analoga per i due
trattamenti. Nello studio VIGOR, invece, pur
dimostrando il rofecoxib una minore incidenza di
effetti indesiderati gastro duodenali (l'end-point
primario combinato era costituito dalla
incidenza complessiva di ulcere complicate e
ulcere sintomatiche) rispetto al naprossene, si
riscontrava un inaspettato ma significativo
aumento di eventi trombotici cardiovascolari
gravi nei pazienti trattati con rofecoxib. I
risultati degli studi CLASS e VIGOR hanno
stimolato l'esecuzione di numerosi altri studi
volti a chiarire il rapporto beneficio/rischio
dei COXIB. In particolare su due aspetti
fondamentali: la reale minore gastrolesività e
la possibile maggiore tossicità cardiovascolare
rispetto ai FANS tradizionali.
La selettività per la COX-2,
infatti, potrebbe essere un'arma a doppio
taglio. Potrebbe da un lato garantire una
riduzione del rischio di tossicità
gastrointestinale, ma di converso essere anche
responsabile di un incremento della frequenza di
fenomeni tromboembolici e/o della mortalità
totale, vista la più alta prevalenza degli
eventi cardiovascolari rispetto a quelli
gastrointestinali gravi (4).
Per quanto attiene la
dimostrazione di una minore gastrolesività da
parte dei COX-2 inibitori selettivi, vanno
considerati due studi recenti.
Il primo (5) è una revisione
sistematica di 9 studi clinici (durata > 12
settimane) che hanno paragonato il celecoxib con
i FANS non selettivi. I pazienti trattati con
celecoxib hanno mostrato una minore incidenza di
interruzioni del trattamento dovute a sintomi
gastrointestinali rispetto a quelli trattati con
FANS tradizionali (6,2% vs 23%), ma tale
vantaggio non veniva confermato se si
consideravano tutte le cause di interruzione del
trattamento. Ancora, i pazienti trattati con
celecoxib presentavano una minore incidenza di
ulcere gastro-duodenali rilevate routinariamente
all'endoscopia eseguita alla fine delle 12
settimane di trattamento. Detta incidenza
risultava essere del 6,2% dei pazienti trattati
con celecoxib, del 12,0% nei pazienti trattati
con celecoxib + aspirina, del 25,0% nei
pazienti trattati con FANS tradizionali e del
26,0% nei pazienti trattati con FANS
tradizionali più aspirina. L'incidenza delle
gravi complicanze (emorragia, perforazione,
ostruzione) era, invece, analoga tra i pazienti
trattati con celecoxib (2,7%) e quelli che
utilizzavano ibuprofen o diclofenac (5,0%)
dimostrando così come la scelta dell'end-point
terapeutico sia fondamentale per valutare
correttamente comparativamente questi farmaci.
Il secondo (6) è uno studio
osservazionale sulle emorragie gastrointestinali
occorse in oltre 40.000 pazienti anziani
trattati con FANS non selettivi o selettivi e
100.000 controlli. Rispetto ai controlli non
utilizzatori di FANS, lo studio dimostra un
aumentato rischio di emorragie gastrintestinali
nei pazienti trattati con FANS non selettivi (RR
4,0), diclofenac + misoprostolo (RR 3,0) e
rofecoxib (RR 1,9) ma non con celecoxib (RR 1,0).
I risultati di questi due
studi sembrano confermare il dato che i COX-2
inibitori selettivi presentano una minore
gastrolesività rispetto ai FANS tradizionali,
ma anche che tale migliore tollerabilità è
dimostrata solo quando si considerano end-point
combinati (ulcere endoscopiche e sintomatiche).
Mancano dati certi su una minore incidenza di
ulcere complicate (emorragia, perforazione,
ostruzione), il parametro di valutazione più
rilevante. Inoltre, non è chiaro se questa
migliore tollerabilità possa essere mantenuta
nei pazienti in trattamento con ASA, evenienza
necessaria e frequente nella fascia di pazienti
ai quali viene prescritto un FANS. Quello che è
certo è che la selettività per la COX-2 non è
una garanzia di una minore gastrolesività. In
uno studio recente su pazienti che avevano
presentato un sanguinamento gastrico da FANS la
ricorrenza di un episodio emorragico si è
verificata nel 4,9% di pazienti trattati con
celecoxib e nel 6,4% di quelli trattati con
diclofenac + omeprazolo, una differenza
statisticamente non significativa (7).
Per quanto attiene al
possibile rischio di un incremento di eventi
trombotici vascolari nei pazienti in trattamento
con COXIB, in particolare con il rofecoxib, i
dati disponibili sono ancora incompleti e
controversi (8-11).
L'incremento degli eventi
avversi cardiovascolari riscontrati nello studio
VIGOR può essere casuale o attribuibile ad un
effetto cardio-protettivo del naprossene o ad un
effetto protrombotico vero e proprio del
rofecoxib. Quest'ultimo meccanismo potrebbe
risultare plausibile, in quanto i COX-2
inibitori selettivi agiscono inibendo la sintesi
delle prostacicline nella parete vascolare ma
non quella del trombossano a livello
piastrinico, causando così uno slittamento
della bilancia emostatica verso uno stato
protrombotico.
Va infine tenuto presente
come i COXIB possano incrementare la pressione
arteriosa sistemica e quindi aumentare nel lungo
termine il rischio cardiovascolare.
Non vi sono differenze
sostanziali nel profilo di sicurezza tra FANS
non selettivi e COX-2 inibitori selettivi in
merito alla potenziale nefrotossicità e agli
altri eventi avversi.
A fronte di queste ancora
numerose incertezze, il profilo della sicurezza
a lungo termine dei COX-2 inibitori selettivi
appare ancora poco chiaro. Risulta prudente
perciò riservarne l'impiego al trattamento di
pazienti che sono ad "alto rischio"
per effetti avversi gravi gastrointestinali e
che non sono a rischio cardiovascolare elevato.
Questo in attesa che studi di grandi dimensioni
randomizzati di confronto tra i vari farmaci,
aventi come end-point terapeutici
significativi l'incidenza delle ulcere
complicate e degli eventi trombotici gravi
cardiovascolari possano chiarire il reale
rapporto rischio/beneficio di questi farmaci,
che rimane a tutt'oggi ancora incerto (12).
Il 30 settembre 2004 la Merck
Sharp & Dohme ha ritirato dal commercio in
tutto il mondo il rofecoxib. Tale decisione è
stata assunta a seguito dell'interruzione
prematura di uno studio clinico randomizzato
sull'efficacia da parte del rofecoxib nella
prevenzione delle popilposi benigne del colon
(studio APPROVe). Lo studio è stato interrotto
a seguito del riscontro, nei pazienti trattati
con rofecoxib, di un aumento dell'incidenza (per
un fattore di 3,9) di gravi effetti indesiderati
di natura tromboembolica (ictus e IMA) rispetto
ai pazienti trattati con placebo.
Alla luce di quanto sopra
esposto appare chiaro come i dubbi avanzati sul
profilo di sicurezza cardiovascolare del
rofecoxib (e degli altri COXIB) appaiano
tuttaltro che infondati e richiedano un riesame
complessivo del rapporto beneficio/rischio di
tutti i COXIB.
Rimane ancora aperta la
questione se il rischio di complicanze
cardiovascolari sia un effetto di classe
correlato al meccanismo d'azione di questa
categoria di farmaci.
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