L'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 13. (Vie e uscite di emergenza).
Ai fini del presente decreto si intende per:
via di emergenza: percorso senza ostacoli
al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale
di raggiungere un luogo sicuro;
uscita di emergenza: passaggio che immette
in un luogo sicuro;
luogo sicuro: luogo nel quale le persone
sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio
o altre situazioni di emergenza;
- bis) larghezza di una porta o luce netta
di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta
mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di
apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio).
Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere
sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo
sicuro.
In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono
poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle
vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni
dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso,
alle attrezzature in essi installate, nonchè al numero massimo di persone
che possono essere presenti in detti luoghi.
Le vie e le uscite di emergenza devono avere
altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente
in materia antincendio.
Qualora le uscite di emergenza siano dotate di
porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano
chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte
di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza.
L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo
non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi
o per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati
specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del fuoco
competente per territorio.
Le porte delle uscite di emergenza non devono
essere chiuse a chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall'autorità
competente.
Nei locali di lavoro e in quelli destinati a
deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le
saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli
su asse centrale.
Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie
di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite
da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
Le vie e le uscite di emergenza devono essere
evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti,
durevole e collocata in luoghi appropriati.
Le vie e le uscite di emergenza che richiedono
un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza
di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto
elettrico.
Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente
per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi
di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere
almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto
dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si
dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista l'impossibilità accertata
dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure
e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono
la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza
Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del
1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4,
ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di
emergenza.".
L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1995,
n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 14. (Porte e portoni).
Le porte dei locali di lavoro devono, per numero,
dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida
uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante
il lavoro.
Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali
comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e siano
adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori,
almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo
ed avere larghezza minima di m 1,20.
Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste
al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:
quando in uno stesso locale i lavoratori
normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato
di una porta avente larghezza minima di m 0,80;
quando in uno stesso locale i lavoratori
normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale
deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che
si apra nel verso dell'esodo;
quando in uno stesso locale i lavoratori
normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale
deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di
una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel
verso dell'esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori
normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta
alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno
1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m
1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa
tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.
Il numero complessivo delle porte di cui al comma
3 può anche essere minore, purchè la loro larghezza complessiva non risulti
inferiore.
Alle porte per le quali è prevista una larghezza
minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per
cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 0,80
è applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento).
Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza
di cui all'art. 13, comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1,
si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, comma 5.
Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino
non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte
girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso
l'esterno del locale.
Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente
alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio
dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono
essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.
Le porte e i portoni apribili nei due versi devono
essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.
Sulle porte trasparenti deve essere apposto un
segno indicativo all'altezza degli occhi.
Se le superfici trasparenti o traslucide delle
porte e dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è
il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura
di dette superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento.
Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema
di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto
devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico
devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono
essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili
ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro
apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia
elettrica.
Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza
devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole
conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte,
in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale.
Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte
devono poter essere aperte.
luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1°
gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero
ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente
apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono
essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti commi
9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre
1994 non si applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti
la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle porte di uscita
di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla
concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità.".
L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 8. (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti
e passaggi).
Le vie di circolazione, comprese scale, scale
fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate
in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in
piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori
operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun
rischio.
Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione
per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti
e sul tipo di impresa.
Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati
mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di
sicurezza sufficiente.
Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono
passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni,
corridoi e scale.
Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei
locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato
delle vie di circolazione deve essere evidenziato.
Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo
in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei
lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati
di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere
a dette zone.
Devono essere prese misure appropriate per proteggere
i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
Le zone di pericolo devono essere segnalate in
modo chiaramente visibile.
I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi
destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose
e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il
transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati
da materiali che ostacolano la normale circolazione.
Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono
completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili
che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone
devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.".
L'intestazione del titolo II del decreto del Presidente
della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente:
"Titolo II Disposizioni particolari".
L'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 6. (Altezza, cubatura e superficie).
I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi
destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano
più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni
indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:
altezza netta non inferiore a m 3;
cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;
ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente
deve disporre di una superficie di almeno mq 2.
I valori relativi alla cubatura e alla superficie
si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti
fissi.
L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento
all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.
Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono,
l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire altezze
minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati
adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti
stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie
dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che
occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si
svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli
alla salute dei lavoratori occupati.
Per i locali destinati o da destinarsi a uffici,
indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali,
i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica
vigente.".
L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 9. (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi).
Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far
sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali
sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità
sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione.
Se viene utilizzato un impianto di aerazione,
esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve
essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per
salvaguardare la salute dei lavoratori.
Se sono utilizzati impianti di condizionamento
dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo
che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.
Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe
comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento
dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente.".
L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 11. (Temperatura dei locali).
La temperatura nei locali di lavoro deve essere
adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto
dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i
lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare
sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.
La temperatura dei locali di riposo, dei locali
per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e
dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica
di questi locali.
Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate
devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di
lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di
lavoro.
Quando non è conveniente modificare la temperatura
di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro
le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate
o mezzi personali di protezione.".
L'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 10. (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di
lavoro).
A meno che non sia richisto diversamente dalle
necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei,
i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni
caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati
di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per
salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori.
Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro
e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo
d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per
i lavoratori.
I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono
particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione
artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente
intensità.
Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di
illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone
condizioni di pulizia e di efficienza.".
L'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
Art. 7. (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali
scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico).
A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della
lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi locali chiusi che
non rispondono alle seguenti condizioni:
essere ben difesi contro gli agenti atmosferici,
e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo
di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori;
avere aperture sufficienti per un rapido
ricambio d'aria;
essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
avere le superfici dei pavimenti, delle pareti,
dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni
adeguate di igiene.
I pavimenti dei locali devono essere esenti da
protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi,
stabili ed antisdrucciolevoli.
Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano
sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere
superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente
i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.
Quando il pavimento dei posti di lavoro e di
quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza
di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee
calzature impermeabili.
Qualora non ostino particolari condizioni tecniche,
le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
La pareti trasparenti o traslucide, in particolare
le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti
di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate
e costituite da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal
pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione
succitati in modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto
con le pareti, nè rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel
caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino all'altezza
di 1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando ciò è necessario
in relazione al rischio che i lavoratori rimangano feriti qualora esse
vadano in frantumi.
Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione
devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori
in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati
in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.
Le finestre e i lucernari devono essere concepiti
congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono
la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro
nonchè per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
L'accesso ai tetti costituiti da materiali non
sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite
attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare
in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di
sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente
identificabili ed accessibili.
Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate
alle dimensioni dei carichi trasportati.
Le banchine di carico devono disporre di almeno
un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano
m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
Le rampe di carico devono offrire una sicurezza
tale da evitare che i lavoratori possono cadere.
-bis.Le
disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì applicabili
alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie
di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione
utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti
dell'impresa, nonchè alle banchine di carico. ».
L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 14. (Locali di riposo).
Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori,
segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori
devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
La disposizione di cui al comma 1 non si applica
quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che
offrono equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.
I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti
ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione
del numero dei lavoratori.
Nei locali di riposo si devono adottare misure
adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del
fumo.
Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente
e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi
a disposizione del personale altri locali affinchè questi possa soggiornarvi
durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute
dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno prevedere misure
adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del
fumo.
L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche
nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di
lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale
esecuzione del lavoro.
Le donne incinte e le madri che allattano devono
avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni
appropriate.".
L'art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 40. (Spogliatoi e armadi per il vestiario).
Locali appositamente destinati a spogliatoi devono
essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare
indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza
non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due
sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque
dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal
caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi,
secondo oppotuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario
di lavoro.
I locali destinati a spogliatoio devono avere
una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro
aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la
stagione fredda e muniti di sedili.
Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature
che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti
durante il tempo di lavoro.
Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti,
polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze
untuose od incrostanti, nonchè in quelle dove si usano sostanze venefiche,
corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti
da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.
Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore
deve poter disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre
i propri indumenti.".
Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti:
"Art. 37. (Docce).
Docce sufficienti ed appropriate devono essere
messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità
lo esigono.
Devono essere previsti locali per docce separati
per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce
e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.
I locali delle docce devono avere dimensioni
sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci
e in condizioni appropriate di igiene.
Le docce devono essere dotate di acqua corrente
calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.
"Art. 39. (Gabinetti e lavabi).
I lavoratori devono disporre, in prossimità dei
loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce,
di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati
di mezzi detergenti e per asciugarsi.
Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti
separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o
architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso
in numero non superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli
stessi.".
L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 11. (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni).
I posti di lavoro e di passaggio devono essere
idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza
dell'attività lavorativa.
Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici,
devono essere adottate altre misure o cautele adeguate.
I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri
luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante
le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione
dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro.
Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2,
3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali
sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti
di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione
e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico.
Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone
di pericolo di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano
per analogia ai luoghi di lavoro esterni.
I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente
illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi
devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo
tale che i lavoratori:
sono protetti contro gli agenti atmosferici
e, se necessario, contro la caduta di oggetti;
non sono esposti a livelli sonori nocivi
o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;
possono abbandonare rapidamente il posto
di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.".
Le disposizioni di cui al presente articolo entrano
in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana.