Motivazioni e criteri applicativi
L'infertilità di coppia è
un problema di vaste proporzioni che coinvolge
anche in Italia decine di miglialia di persone.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima
intorno al 15-20% le coppie con problemi di
fertilità nel paesi industriali avanzati.
L'infertilità di coppia è
legata, nel 35% circa dei casi, al fattore
femminile, nel 30% al fattore maschile; nel 20%
dei casi si rilevano problemi in ambedue i
partner e nel 15% dei casi l'infertilità rimane
sconosciuta (infertilità inspiegata). Le
alterazioni dei fenomeni fisiologici
dell'ovulazione rappresentano un'importante
causa di infertilità di coppia (18-25%
dei casi). L'individuazione dell'ovulazione in
queste donne è finalizzata ad indurre lo
sviluppo follicolare e la conseguente
ovulazione.
Il trattamento
dell'infertilità femminile con gonadotropine è
pertanto consigliato nelle diverse condizioni
patologiche di cicli anovulari. L'indicazione
all'uso delle gonodatropine si è notevolmente
ampliata negli ultimi decenni, in quanto, oltre
a situazioni patologiche di infertilità, le
gonadotropine vengono utilizzate anche in donne
normo-ovulanti sottoposte ad iperstimolazioni
ovariche controllate necessarie al ripristino
della fertilità mediante tecniche di
procreazione medicalmente assistita (FIVET,
ICS).
Sulla base dei dati di
letteratura ed al fine di evitare
l'iperstimolazione ovarica, viene suggerito di
non superare il dosaggio massimo complessivo di
12.600 UI/paziente diviso in due o più cicli
non superando il dosaggio massimo di 6.300
UI/ciclo nella donna. Nell'infertilità maschile
si suggerisce di non superare il dosaggio
massimo, per singola prescrizione, di 150 UI di
FSH 3 volte alla settimana per 4 mesi. Se dopo i
trattamenti con tali dosi non si ottiene un
risultato positivo (nel trattamento
dell'infertilità), eventuali nuovi trattamenti
possono comportare rischi superiori ai risultati
attesi.
Il trattamento con
gonadotropine se effettuato con dosi improprie
ed elevate, può essere responsabile:
a) della cosiddetta sindrome
da iperstimolazione ovarica, con passaggio di
liquido nello spazio peritoneale e conseguenti
ipovolemia, oliguria, emoconcentrazione, ascite
massiva, eventualmente emoperitoneo, shock anche
ad esito letale;
b) di eventi tromboembolici
in concomitanza o indipendenti dalla suddetta
sindrome a carico di organi critici (cervello,
polmone e delle estremità);
c) di complicazioni polmonari
(atelettasia, dispnea, tachipnea, sindrome della
insufficienza respiratoria acuta), oltre a cisti
ovariche, torsione degli annessi, forti caldane,
reazioni febbrili, nausea, crampi addominali,
meteorismo, gravidanze ectopiche e multiple.
Nei casi di iperstimolazione
ovarica sono infine controindicati i
rapporti sessuali, per il rischio di insorgenza
di gravidanze plurime.
Le gonadotropine
follicolostimolanti attualmente in uso si
possono ricondurre a due grandi gruppi:
1. gonadotropine di origine
estrattiva urinaria;
2. gonadotropine
ricombinanti prodotte mediante transfezione
della linea cellulare ovarica di criceto
cinese con plasmidi contenenti le due sub
unità geniche che codificano per l'FSH.
Gli studi di confronto tra
FSH ricombinante ed urinario sono stati oggetto
di consistenti metanalisi nonché di numerosi
studi farmaco-economici; tuttavia, le
conclusioni in termini di evidenze certe di
maggiore efficacia sono attualmente ancora
contrastanti.
L'infertilità maschile ha
diverse cause, spesso difficilmente
diagnosticabili e soltanto in alcuni casi
di alterazione della spermatogenesi (ipogonadismo
ipo- o normo-gonadotropo) esiste un razionale
per un intervento terapeutico efficace con
gonadotropine.
Nell'uomo, la
somministrazione di gonadotropine provoca
ginecomastia, dolore al seno, mastite, nausea,
anormalità delle frazioni lipoproteiche,
aumento nel sangue degli enzimi epatici,
eritrocitosi.
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